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Filosofia del viaggio, un saggio sull’irresistibile richiamo dell’altrove

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Filosofia del viaggio, un saggio sull’irresistibile richiamo dell’altrove ultima modifica: 2024-06-21T06:11:31+02:00 da Davide Mazzocco
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Filosofia del viaggio di Rudi Capra riflette sul nomadismo degli esseri umani, fra migrazioni e turismo

Perché se la letteratura, il cinema e l’arte in generale hanno celebrato così tanto il viaggio, questo tema rimane “impensato” dalla filosofia? Per provare a colmare questa lacuna si può provare a leggere – magari proprio in viaggio come ha fatto il sottoscritto – Filosofia del viaggio di Rudi Capra, edito da Mimesis e arricchito da un’introduzione di Paolo Pecere. Se è vero, come diceva William James, che il compito della filosofia è “guardare all’estraneo come se fosse familiare, e al familiare come se fosse estraneo”, il viaggio non può che divenire uno dei più potenti strumenti di interpretazione di sé, degli altri, delle cose del mondo. Per Capra “ogni esperienza di viaggio si articola sempre in un triangolo che unisce lo spazio, il tempo e il desiderio: desiderio di vedere, di scoprire, di fuggire, di cambiare, di tornare, di immaginare, di muoversi, di arrestarsi”.

Perché si viaggia

Diceva Albert Camus che “si viaggia per avere paura” e per effettuare una sorta di “test spirituale”, rompendo gli schemi della consuetudine, diventando “febbrili e porosi” quasi sempre con l’obiettivo “di tornare a noi stessi”. L’esperienza dell’altrove sottopone a un certo grado di rischio, connette il desiderio con ciò che non si può avere, permette di sperimentare “l’ebrezza di essere le persone che non siamo, vivere le vite che non abbiamo vissuto”. Muovendosi con disinvoltura fra la filosofia occidentale e quella orientale, il libro di Capra sottolinea il valore identitario del viaggio, scrive di overtourism, gentrificazione e turistificazione citando il biasimo bisecolare di Stendhal per una Firenze somigliante a un museo all’aperto, non cede alla trappola di chi separa turisti e viaggiatori: “L’odio per il turismo rivela allora la sua matrice sociale: ogni volta che un bene ristretto diventa appannaggio di molti, le classi dominanti ne denunciano il valore inautentico sulla base di una supposta autenticità che in realtà trae valore dalla precedente scarsità del bene”.

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Il viaggio e la città

Un approccio critico al tema del viaggio non può non inglobare riflessioni sulle dinamiche cronofaghe della nostra società e sulle trasformazioni in atto nei contesti urbani fra “città-raccordo costruite per agevolare il traffico da una campagna vuota a zone urbane dense di attività lavorative, dove non è incoraggiata la permanenza ma soltanto il passaggio”, “città talmente care che tendono a scacciare anche i residenti che ci sono nati perché non possono permettersi (…) di rimanere” o, ancora, “città-museo patrocinate dall’Unesco, che sotto la chirurgia invasiva del restauro subiscono una serie di interventi, vincoli, ricostruzioni, rimozione degli inestetismi, cure di conservazione, e così imbellettate e truccate, (…) permangono uguali a se stesse, smettono di cambiare, e perciò muoiono”.

Capra sottolinea il paradossale impatto del turismo sul contesto urbano: “Sono città per turisti e nessun altro, allestite dai residenti per gli stranieri che sono destinati ad andarsene, ma il carattere di questo allestimento è tanto evidente e pervasivo che spesso sono i residenti stessi che le abbandonano, sentendosi oramai stranieri nella loro stessa città”.

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Politica e immaginazione

L’ampio spettro di coloro che si mettono in viaggio va dai turisti ai migranti: i primi serviti e riveriti, i secondi servitori e osteggiati. Le motivazioni che spingono le persone a spostarsi sono molteplici e in questa eterogeneità si fanno strada le diseguaglianze sociali che si palesano in maniera più evidente nelle metropoli. Premesso che la migrazione è una caratteristica che accomuna tutto ciò che vive sulla Terra, piante comprese, Capra indaga la valenza politica del viaggio soffermandosi sulla marcia (su tutte quella di Roma del 1922 e quella del 1930) o sul cammino nella natura, molto spesso inconsapevole “via di fuga dall’abbruttimento metropolitano”. L’epilogo è dedicato ai viaggi dell’immaginazione, quelli stimolati dalla letteratura e dal cinema, motori di quel desiderio senza il quale nessun viaggio ha inizio.

Filosofia del viaggio ha il pregio di saper andare in profondità attraverso una scrittura estremamente godibile, costringe a riflettere sull’impensato, regala perle di pensiero e anche una preziosa onomaturgia: se è vero che abbiamo dato un nome al dolore per l’impossibilità del ritorno (nostalgia) è altrettanto lecito farlo con la sofferenza che proviamo per l’impossibilità della partenza (ormalgia).

[Foto di Eleonora Anello]

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Giornalista e saggista, ha scritto di ecologia, ambiente e mobilità sostenibile per numerose testate fra cui Gazzetta, La Stampa Tuttogreen, Ecoblog, La Nuova Ecologia, Terra, Narcomafie, Slow News, Slow Food, Ciclismo, Alp ed ExtraTorino. Ha pubblicato numerosi saggi fra cui “Giornalismo online”, “Propaganda Pop”, "Cronofagia" e "Geomanzia".

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