Il 1° gennaio è uscito nelle sale Il ragazzo e l’airone, ultima opera di Hayao Miyazaki, in cui un airone è il tramite per un messaggio universale.
Uscita il primo giorno dell’anno l’ultima opera tanto attesa di Hayao Miyazaki Il ragazzo e l’airone.
Ci sono quei film che, una volta visti, te li dimentichi appena sei uscito dalla sala o appena hai spento il televisore. Ci sono quei film che ami alla follia la prima volta che li vedi e, quando li rivedi una seconda o una terza volta, apprezzi dei dettagli che (giustamente) prima ti erano sfuggiti. Ma poi passi oltre. Infine ci sono quei film che, dopo averli visti, ti rimangono dentro inconsciamente. Rimuginano dentro di te per tutta la sera, per il giorno successivo, e per molti altri ancora. Sono questi i film che rimangono davvero. Hai compreso che quel messaggio che il film ti voleva mandare si è piantato dentro di te come un seme e sta germogliando, cresce per diventare qualcosa di più. I film così sono davvero pochi e i registi che lo sanno fare ancora meno.
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Hayao Miyazaki appartiene a quest’ultima categoria. Ogni suo film, anche il più piccolo o ingiustamente definito “minore” è molto più profondo di quello che sembra. Supera il semplice concetto di metafora e di significato nascosto. Scende in profondità come in Alice nel Paese delle Meraviglie (1865 di Lewis Carroll) sempre di più e inesorabilmente. Il significato vero arriva dopo una lunga e meditativa rielaborazione. Solo allora arrivi al concetto che Significante e Significato sono due cose completamente diverse. Percepisci qualcosa dentro di te che, forse prima non avevi mai capito o hai da sempre nascosto. Il cinema di Miyazaki lavora su questo, su come maturare e crescere interiormente tramite delle storie apparentemente semplici o, in altri casi, apparentemente complesse e stratificate.
Il suo mondo e i mondi che ha creato (sia nei suoi film che negli altri film del suo Studio Ghibli) si sollevano da terra e cercano di volare sempre più in alto nel cielo, senza ostacoli. Per mostrare le cose sotto un’altra prospettiva che permette di vedere più nitidamente i contorni, facendo convivere gli opposti. Scavando in profondità ti permette di librarti e poter finalmente vivere in modo autonomo e coscienzioso.

Il suo ultimo film, Il ragazzo e l’airone, uscito per Lucky Red il 1° gennaio nelle nostre sale, non fa eccezione. Un film in cui si è respirato da lunghi anni un’aura di mistero. Perché dal 2016, ovvero da quando si è saputo che il regista era al lavoro su di un nuovo film, non c’era praticamente alcuna informazione su di lui, se non il titolo e un’immagine (poco più di uno schizzo) tutt’altro che promozionale.
E voi come vivrete? questo è il titolo originale e quello che è stato diffuso ufficialmente. Un titolo che rimanda ad un romanzo del 1937 di Genzaburō Yoshino, ma dal quale il film se ne discosta completamente. Esso è solo il tramite per portare avanti un messaggio. Un messaggio in una bottiglia per il futuro: per il ragazzo di domani, per l’erede di domani, per chi dovrà prendere le redini del proprio mondo e di quello che lo circonda.
Ti viene data la possibilità di fare una scelta: prendere in mano la tua vita, migliorarla o peggiorarla, senza nessun problema. Questo è a discrezione di chi riceve questo messaggio. Ci sono poche e semplici regole e tutto il resto sta allo spettatore. Tu puoi scegliere se tenere i piedi ben ancorati a terra, mettere degli oceani di acqua e di tempo fra te e il mondo, oppure librarti con gli strumenti che possiedi. Con la tua creatività, con le tue idee.

E lo sottolinea raccontando la storia di un ragazzo Mahito che, durante la Seconda Guerra Mondiale, perde la madre in un incendio. E, poco tempo dopo il padre si sposa con un’altra donna, Natsuko, dalla quale aspetta un altro figlio. Mahito e suo padre si trasferiscono in campagna, con una nuova fabbrica per costruire arei da guerra, e una nuova casa. Immensa che dà su di uno stagno e su un’impenetrabile foresta. In quella foresta c’è una antica torre, fatta costruire dagli antenati di Natsuko, il cui guardiano è un airone cenerino.
Come nella migliore delle tradizioni, l’uccello è il personaggio che fa da tramite fra una dimensione e l’altra. Nascosta nella foresta, nel fango e nelle foglie c’è un mondo altro. Più semplice, ma molto più fragile. In cui puoi essere tutto quello che vuoi. Puoi essere il suo creatore e custode. Puoi “giocare” ad essere ciò che non sei. Ad ambire di mantenere il controllo e l’equilibrio. Primo fra tutte con le tue emozioni.

Mahito è estremamente tormentato per la sua giovane età: l’incendio in cui è morta sua madre è un fardello che lo perseguita nei sogni così come nella realtà. Il suo soggiorno nella nuova casa è anche un modo per rielaborare la sofferenza di quella perdita. Una rielaborazione che passa, come in ogni film di Miyazaki attraverso i quattro elementi: l’aria e il vento che invitano al cambiamento e permettono di volare – reminiscenza del suo desiderio infantile di volare presente anche nel film precedente Si alza il vento (2013) ma non solo – l’acqua come purificazione e divisione. La terra e il fuoco, come raffigurazioni della realtà, della distruzione e del cambiamento. Il fuoco in particolare è l’elemento fondamentale in questo film.
Non solo per il giovane protagonista, ma anche per il suo Paese. Il mondo in cui vive è un mondo che presto divamperà in fiamme molto più grandi di un incendio, ci sarà una bomba atomica che spazzerà via tutto. E nulla sarà più come prima. Il fuoco è il cambiamento per crescere. Per lasciarsi dietro quello che è stato e creare del terreno fertile per ricominciare. Dopo un incendio la terra torna ad essere fertile e rigogliosa. La vita può rinascere in forme e modi che noi non ci aspettiamo neppure. Questo ha voluto dire con il suo ultimo film Miyazaki. E noi ne siamo commossi e grati.
