Dalla parte dei crostacei è la campagna di Animal Law Italia che chiede di introdurre norme a protezione di questi esseri senzienti durante le fasi di cattura, trasporto e macellazione
Le evidenze scientifiche hanno ormai ampiamente dimostrato che anche i crostacei decapodi utilizzati nell’industria alimentare sono esseri senzienti in grado di provare dolore. Ancora oggi però non esistono in Italia ed in Europa leggi efficaci ed uniformi che tutelino questi animali durante le fasi di cattura, trasporto e macellazione.
Con la campagna “Dalla parte dei crostacei”, Animal Law Italia (ALI) chiede che nel nostro Paese venga modificata la legge in linea con le evidenze scientifiche ad oggi disponibili, introducendo linee guida vincolanti da applicare in modo efficace ed uniforme nell’ambito dell’industria, del commercio e della ristorazione, al fine di minimizzare le sofferenze di questi organismi acquatici.
Le premesse della campagna
Da anni la scienza e gli ordinamenti giuridici di vari Stati riconoscono la senzienza dei crostacei decapodi, basti ricordare il report della London School of Economics and Political Science che ha analizzato più di 300 studi in materia. Sulla base di queste evidenze scientifiche alcuni Paesi, quali Svizzera, Austria, Norvegia e Nuova Zelanda, si sono già mossi per garantire la tutela di questi animali. In Svizzera, ad esempio, vige il divieto di detenerli vivi a contatto con il ghiaccio e vi è l’obbligo di stordirli prima della macellazione.
Il ritardo normativo in materia da parte del Bel Paese è del tutto evidente, nonostante la riforma dell’articolo 9 della Costituzione preveda che la legge dello Stato disciplini i modi e le forme di tutela degli animali. “Non solo manca una disciplina nazionale unitaria, ma diversi Comuni hanno introdotto Regolamenti che, nel tentativo di imporre sul territorio locale obblighi relativi alla protezione di questi animali durante la commercializzazione e la vendita all’interno dei ristoranti, hanno determinato una tutela disomogenea, riferita a parametri scientifici differenziati, inadeguata e di difficile applicazione”, sostiene ALI.
Mancano dunque regole minime a tutela di questi animali, e se in alcuni casi giudiziari la Cassazione ha già stabilito che la detenzione su ghiaccio costituisce reato, non vi è ancora una legge a livello nazionale.
Stesso discorso vale per l’Unione europea, di sicuro all’avanguardia per le sue norme a tutela degli animali utilizzati nella produzione alimentare, che però non ha nessun regolamento o direttiva che riguardi pure i crostacei decapodi, relegati colpevolmente ad un ruolo marginale. Un paradosso se pensiamo che la pesca globale di questi organismi acquatici è in continua crescita ed astici, aragoste, gamberi e granchi sono sempre più apprezzati in cucina.
Nel frattempo, nelle fasi di cattura, trasporto e macellazione dei crostacei restano molto diffuse pratiche altamente lesive del loro benessere, quali il ferimento, le mutilazioni, l’ammassamento, gli sbalzi di temperatura, il mantenimento in condizioni non idonee e le uccisioni crudeli.
ALI, contraria anche ad un loro utilizzo per fini alimentari, come obiettivo minimo avanza richieste e raccomandazioni per le tre diverse fasi di produzione. Le prime rappresentano soluzioni a problematiche specificamente identificate, supportate dalla letteratura scientifica. Le seconde sono simili, ma per mancanza di sufficiente letteratura scientifica specifica al loro sostegno e/o per difficoltà di applicazione, risultano al momento non vincolanti, nonostante ALI consigli vivamente la loro applicazione.
Richieste e raccomandazioni
Per la fase di cattura ALI chiede che venga vietata la pratica del declawing, ovvero la rimozione delle chele prima di riportare in acqua l’animale, ritenuta dannosa sulle base di numerose evidenze scientifiche, poiché capace di provocare sofferenze, compromettere lo stato di salute e condurre pure alla morte.
Passando al trasporto/stoccaggio, la richiesta di ALI è quella di imporre il divieto di detenere crostacei decapodi vivi a diretto contatto con il ghiaccio o in acqua con ghiaccio. In natura, infatti, la quasi totalità di questi animali vive in acque a temperature non al di sotto dei 2° C.
“A causa della concentrazione relativamente elevata di ioni di magnesio nella loro emolinfa, la maggior parte dei crostacei diventa inattiva a una temperatura pari o inferiore a 2°C e le loro articolazioni diventano immobili, questo stato ridotto di attività è definito torpore”, specifica ALI, che condanna pure la vendita diretta al consumatore di crostacei decapodi vivi (incluso l’acquisto online), “una pratica che non garantisce l’adeguata manipolazione, detenzione e macellazione degli animali”.
Altra richiesta è quella di vietare la pratica del nicking, che riguarda soprattutto la pesca del granciporro atlantico e consiste nel tagliare i tendini delle loro chele, non immobilizzabili con elastici per motivi morfologici. Una procedura crudele che compromette in modo irreparabile lo stato di salute di questi animali.
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Per quanto riguarda la macellazione, “in assenza di nuove evidenze scientifiche che dimostrino l’efficacia di ulteriori metodi di stordimento, deve essere reso obbligatorio l’uso di tecniche di stordimento elettrico parametrate alle caratteristiche della specie coinvolta e in grado di provocare insensibilità istantanea (entro un secondo) al dolore prima di qualsiasi metodo di macellazione. Lo stato di incoscienza deve essere mantenuto fino al momento della morte. Le pratiche devono essere adottate da personale adeguatamente formato”, si legge nel report di ALI.
Basandosi poi sulle evidenze scientifiche riguardanti il complesso sistema nervoso dei crostacei decapodi, ALI chiede che gli unici metodi di macellazione meccanica consentiti siano quelli del “whole-body splitting” (il taglio dell’intera linea mediana longitudinale dal lato inferiore dell’animale) per astici ed aragoste, e del “double spiking” (la distruzione dei due centri nervosi in rapida successione per mezzo di un oggetto appuntito) per i granchi. Metodi della durata di dieci secondi che devono essere eseguiti da personale adeguatamente formato.
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Il report, sempre corredato da evidenze scientifiche, chiede che l’elettrocuzione con attrezzature adeguate e parametrata sulle caratteristiche delle specie coinvolte sia l’unico metodo di macellazione non meccanica consentito, mentre dovrebbero essere vietati i seguenti metodi di stordimento e macellazione ancora oggi molto diffusi: raffreddamento in acqua, immersione in soluzione ad alto contenuto salino (bagni di sale), anestetici chimici, esposizione a gas di anidride carbonica, raffreddamento all’aria, bollitura (compreso il lento innalzamento della temperatura dell’acqua), immersione in acqua dolce (shock osmotico) per specie di acqua salata o salmastra, smembramento ed esposizione ad alta pressione. In questi casi si tratta di procedure inadeguate che comportano sofferenze prolungate per i crostacei.
Sul fronte delle raccomandazioni, in materia di cattura ALI specifica che “il fondo delle nasse dovrebbe essere in plastica senza rete e le nasse dovrebbero includere vie di fuga o una rete a maglie larghe per ridurre la possibilità che le appendici dei crostacei decapodi si stacchino dopo essere rimaste impigliate, per consentire la fuga del bycatch e per scoraggiare combattimenti tra gli animali intrappolati”.
Perfino la manipolazione impropria da parte di personale inesperto può causare danni sostanziali ai crostacei o la morte nei casi peggiori. Per questo ALI raccomanda di definire linee guida in materia e di ridurre al minimo la manipolazione, impedire il lancio di animali ed evitare il ricorso a personale non esperto per evitare lesioni.
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Infine, per quanto riguarda le fasi di trasporto/stoccaggio, ALI raccomanda di utilizzare contenitori resistenti allo schiacciamento, capaci di evitare che gli arti restino impigliati e con un numero limitato di animali. “L’uso delle buste deve essere evitato in quanto esse possono intrappolare gli arti e provocare lesioni o smembramenti; a questo proposito dovrebbero essere utilizzati solo contenitori robusti per lo stoccaggio e il trasporto degli animali. Gli astici e le aragoste dovrebbero essere stipati con la coda richiamata sotto di loro e posizionati in modo da essere rivolti tutti nella stessa direzione”, si legge nel report di ALI.
Venendo allo stoccaggio, bisogna considerare che in natura la maggior parte di questi crostacei vive in condizioni di oscurità ed al riparo sotto rocce od anfratti. Capirete bene dunque quanto siano inadatte le vasche prive di ripari e spesso esposte a forte illuminazione a cui sono destinati astici, aragoste e granchi vivi nei negozi al dettaglio e nei ristoranti. Infine, ALI raccomanda che i crostacei decapodi detenuti in condizioni di stoccaggio umido od in acqua corrente vengano mantenuti al di sotto della soglia della temperatura massima appropriata per la loro specie.
Chi vuole provare a cambiare questo stato di cose può firmare la petizione promossa da ALI, giunta al momento a 6.180 firme.
[Credits foto: ndemello, Pixabay]
