Come le scorse edizioni, anche questo summit è stato un buco nell’acqua. È tempo di cambiare i metodi di votazione ma, ancora di più, riconsiderare le priorità del nostro tempo; tra queste deve esserci l’Antartide.
Dopo due anni di silenzio a causa della pandemia di COVID-19, il 4 novembre 2022 si è conclusa la quarantunesima riunione della Commissione per la conservazione delle risorse biologiche dell’Antartide. L’edizione non ha fatto molto parlare di sé. La COP27, iniziata pochi giorni dopo, ha infatti preso tutta l’attenzione. Paradossale come, in entrambi i casi, la delusione finale sia comune. Il summit dell’Antartide ha ricevuto poco riguardo anche per via dell’assenza di grandi novità.
L’iceberg A-76, il più grande del mondo, si è staccato dall’Antartide
Proviamo a capire perché queste riunioni sono importanti.
La Commissione per la conservazione delle risorse biologiche dell’Antartide (CCAMLR), fondata nel 1982, fa parte del Trattato Antartico (un accordo internazionale che tutela la zona). È formata da 31 nazioni, impegnate a conservare la vita marina e l’integrità ambientale antartica.
Grazie a questi summit si analizzano gli studi svolti durante l’anno, si trovano accordi per regolamentare la pesca e le attività associate, e creare aree protette marine (AMP).
Conclusione del summit dell’Antartide
Lo scopo della riunione era quello di creare nuove zone protette per mitigare i danni causati dal cambiamento climatico e dalla pesca. Tuttavia, per il sesto anno consecutivo, Cina e Russia hanno posto il veto. Il motivo è da rintracciare nella pesca del krill, ingrediente di base negli alimenti per pesci allevati in acquacoltura.
La Cina, insieme alla Norvegia, è il principale produttore di farine di krill. Nel 2010, il governo ha lanciato un piano per svilupparne la pesca. Inoltre, proprio pochi giorni dopo l’inizio della conferenza, ha annunciato la costruzione di una nuova nave che si aggiungerà alle quattro che la Cina ha già operanti nelle acque antartiche e alle tre in costruzione.
La Russia, invece, nonostante non navighi più nell’Oceano Antartico dal 2010, è tornata a guardare alla pesca di krill con molto interesse. Ha investito così 733 milioni di dollari, impegnandosi nella costruzione di cinque pescherecci da traino ad alto tonnellaggio.
Come dice César Cárdenas, ricercatore dell’Istituto antartico cileno (INACH) che rappresenta il Cile presso il comitato scientifico della CCAMLR: “In generale vedo che la Cina non è così entusiasta di chiudere le aree, e la Russia lo stesso. È una questione geopolitica, devono lasciare aperte quelle aree. Anche se la Russia non sta pescando krill in questo momento, vuole riservarsi i propri diritti in futuro”.
Si è persa quindi la possibilità di creare tre nuove aree protette: una nel Mare di Weddell e nell’Antartide orientale, proposta dall’Unione Europea, e un’altra che circonda la Penisola Antartica, proposta da Cile e Argentina.
L’unica conquista ottenuta al summit dell’Antartide è l’identificazione di otto nuovi ecosistemi marini vulnerabili (VME). Sono zone ricche di organismi a cui sarà garantita protezione dalle attività di pesca di fondo.
Obiettivo del summit dell’Antartide: proteggere il krill
Con la parola krill (Euphausia superba) si intende un insieme di specie di organismi, piccoli invertebrati che vivono principalmente negli oceani, in acque fredde e polari. Compongono lo zooplancton, cibo centrale della catena alimentare di diversi animali nell’Antartide, dalle balene, alle foche, ai pesci, ai pinguini. L’essere il piatto principale nel menù di molti animali, rende il krill un organismo di fondamentale importanza a livello globale.
Questo piccolo crostaceo si nutre di plancton che si annida sulla superficie del mare. Per sfuggire ai predatori, durante la notte si immerge nelle acque profonde. Mentre scende, lascia biossido di carbonio nell’acqua diverse volte attraverso i suoi escrementi. “I krill sono in realtà come un nastro trasportatore, stanno portando il carbonio dall’atmosfera fino alle profondità” per una quantità equivalente alle emissioni annuali di 35 milioni di auto. Afferma Nicole Bransome, ufficiale del Pew Charitable Trusts, una ONG che si batte per la protezione del krill antartico,
Sfortunatamente, il krill non è solo il pasto principale degli animali della fauna antartica, ma è l’ingrediente di base per il cibo degli allevamenti ittici. Favorisce la crescita e migliora la salute, la tolleranza allo stress e la qualità di alcuni pesci d’allevamento. La domanda di krill sta aumentando perché gli allevamenti di pesce stanno crescendo seguendo la domanda globale. L’acquacoltura è il settore in più rapida crescita dell’industria alimentare. Secondo un rapporto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), la produzione dell’acquacoltura è quadruplicata tra il 1990 e il 2020. Nel 2020 la produzione è cresciuta quasi soprattutto in Cile, Cina e Norvegia, i tre Paesi che guidano l’espansione della pesca del krill antartico.
Studio e analisi: i risultati sembrano dividersi
La maggior parte delle società che si occupano della cattura del krill rientrano nell‘Association of Responsible Krill Harvesting Companies (ARK), un organismo di autoregolamentazione del settore. Nel 2000 e nel 2019 l’associazione ha pubblicato due indagini per valutare la quantità di krill nella regione antartica. “I dati hanno rilevato che la biomassa non è cambiata rispetto al 2000, rimane circa 60 milioni di tonnellate, con una distribuzione molto simile”.
Tuttavia, c’è chi non è dello stesso parere. “C‘è questa elevata variabilità interannuale della biomassa di krill, ma ci sono anche prove che questa biomassa sta diminuendo nel tempo, il che significa che anche nei periodi di maggiore biomassa, è inferiore rispetto al passato.” Sono le parole Lucas Kruger, studioso presso l’Instituto Antártico Chileno (INACH).
Uno studio pubblicato nel 2022 da ricercatori dell’Universidad de Concepción ha concluso che entro il 2100 la popolazione di krill subirà “un marcato declino“. La variazione potrebbe essere “da quasi il 50% alla quasi estinzione“, a causa del cambiamento climatico.
Le temperature della penisola antartica stanno aumentando con più velocità rispetto ad altre zone sulla Terra. Questo causa una forte riduzione del ghiaccio marino a cui i krill si aggrappano e delle alghe di cui si nutrono. La piscicoltura ne comporta un’ulteriore decrescita. Dal 1960 al 2015, quest’attività è aumentata di 50 volte fino a superare i 100 milioni all’anno.
Il summit dell’Antartide sembra aver dato un anticipo alle conclusioni emerse anche dalla COP27. Si continua ad agire sui sintomi. La prevenzione di situazioni fortemente a rischio non è mai considerata all’interno dei summit e delle conferenze sull’ambiente e sul clima. Il sistema di votazione è vincolante, la legge del profitto continua a comandare.
Ancora una volta a pagarne sarà l’ambiente e i suoi abitanti.
