COP26 accordo finale

COP26 accordo finale, cosa è stato deciso sul clima a Glasgow

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COP26 accordo finale, cosa è stato deciso sul clima a Glasgow ultima modifica: 2021-11-15T06:02:46+01:00 da Fabiana Re
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Alla COP26 di Glasgow, dopo due settimane di negoziati, si è giunti a un accordo finale: un compromesso poco ambizioso

L’accordo finale, denominato Glasgow Climate Pact, ha concluso le due intense settimane di negoziati della COP26 di Glasgow. Le opinioni al riguardo sono divergenti.

Da un lato i più ottimisti riconoscono i passi avanti fatti dalla diplomazia climatica. Boris Johnson arriva addirittura a parlare di “inizio della fine del cambiamento climatico.

Dall’altro lato dell’arena si levano le voci di protesta degli attivisti ambientali. La guida è Greta Thunberg, che vede la conferenza delle Nazioni Unite come l’ennesimo “bla, bla, bla”. Per capire chi ha più ragione, analizziamo i termini dell’accordo.

Accordo finale COP26, l’obiettivo è restare entro +1,5°C

Un grande merito della COP26 è aver riunito intorno allo stesso tavolo i rappresentanti di quasi 200 Stati e aver favorito un dialogo costruttivo tra questi. Un risultato importante se confrontato con quello di Madrid 2019, che non portò ad alcuna intesa tra le nazioni.

A Glasgow invece gli Stati hanno convenuto su un punto centrale: occorre limitare a + 1,5°C il riscaldamento globale rispetto ai livelli preindustriali, e ridurre del 45% le emissioni di gas serra entro il 2030.

Una performance di land-art per la COP26 sui cambiamenti climatici

Dato che siamo già a + 1,1°C non c’è tempo da perdere. Va in questa direzione la scelta di aggiornare i piani nazionali per la riduzione delle emissioni ogni anno, e non più ogni cinque come stabilito a Parigi 2015. Si intende così evitare che le nazioni si comportino in modo sostanzialmente anarchico per un lungo periodo, senza alcuna verifica sui tagli alle emissioni implementati.

Il problema del carbone alla COP26

Le dichiarazioni fatte dagli stati durante la COP26 sono tuttavia ben lontane dal centrare l’obiettivo. Secondo gli scienziati mettono il pianeta sulla strada dei +2,4°C di temperatura media entro fine secolo. Cina e India non sembrano intenzionate a rinunciare in tempi brevi ai combustibili fossili, annunciando di poter raggiungere la neutralità climatica non prima del 2060 (la prima) o 2070 (la seconda).

Proprio l’India è stata protagonista del coup de theatre che rende il risultato della COP26 più difficile da digerire. All’ultimo minuto ha richiesto di apportare una modifica al paragrafo sull’eliminazione del carbone dalle economie nazionali.

Cambia una parola: da “phase-out” (eliminazione graduale) si passa a “phase-down” (riduzione graduale). Un compromesso che porta molti osservatori internazionali a definire l’accordo “annacquato”. Non c’è nessuna data a definire entro quando gli Stati debbano rinunciare ai combustibili fossili.

Le voci dei Paesi in via di sviluppo

Si è anche discusso, e molto, di finanza climatica. Sono due i punti sensibili. Su un piano, i 100 miliardi di dollari all’anno promessi nel lontano 2009 ai Paesi in via di sviluppo per aiutarli nella transizione energetica. Un flusso di denaro che non si è mai del tutto materializzato, il cui impegno è stato però ribadito a Glasgow.

Un secondo importante argomento è quello delle perdite e danni (loss and damage). Si tratta dei risarcimenti che i paesi meno sviluppati, ma più danneggiati dalla crisi climatica, chiedono alle economie più ricche. La possibilità di creare un fondo per le compensazioni economiche è naufragata: al suo posto, solo l’istituzione di un gruppo di lavoro sul tema. Nulla di fatto, la discussione è prorogata.

Accordo di Parigi, a che punto siamo con le emissioni di CO2

La COP26 fa passi avanti sul fronte tecnico. Entro il 2024 le nazioni dovranno raffinare i propri strumenti di conteggio delle emissioni per diffondere dati precisi. Nelle tabelle per la nuova reportistica non sarà possibile emettere completamente dei dati, ma occorrerà fornire motivazioni reali.

Ciò è funzionale alla creazione del “mercato del carbonio”, previsto dall’articolo 6 dell’Accordo di Parigi ma mai realizzato. In sostanza, i paesi più inquinanti potranno scambiare dei “crediti di emissione” con altri stati più virtuosi.

COP26, un bilancio difficile

La COP26 ha luci e ombre. Ci sono dei segnali incoraggianti ma timidi: l’accordo per fermare la deforestazione entro il 2030, per ridurre le emissioni di metano, o ancora l’intesa tra USA e Cina. Timidi, perché in nessun caso vincolanti. E poi ci sono ombre scure, come l’assenza di azioni concrete per arrestare fin da ora l’uso di combustibili fossili, il mancato riferimento al problema dell’alimentazione, l’assenza di grandi leader quali Xi Jinping, Bolsonaro e Putin.

L’accordo finale della COP26 ha tutto il sapore del compromesso, un sapore amaro in un momento in cui i compromessi non sono più sufficienti. “Vi imploro, accogliete questo testo”, ha chiesto il vicepresidente della Commissione europea Timmermans durante i negoziati. Il messaggio è chiaro: non è il testo ideale ma, per adesso, gli interessi politici ed economici non permettono un risultato migliore.

[Foto di copertina @Cop26 Twitter]

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Studentessa torinese di Economia dell’Ambiente, della Cultura e del Territorio, trascorre il suo tempo a districarsi tra molteplici passioni e a rincorrere mille sogni. Tra lettura, disegno, scrittura creativa ed esperimenti di cucina vegana di alterno successo, i giorni di sole 24 ore finiscono sempre troppo in fretta.

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