Per Greta Thunberg e George Monbiot la crisi climatica si può vincere con soluzioni climatiche naturali
Bisogna agire, e bisogna farlo in fretta.
È il messaggio lanciato da Greta Thunberg nel cortometraggio #naturenow diffuso in questi giorni, in concomitanza con il Forum sul clima delle Nazioni Unite. Realizzato in collaborazione con George Monbiot, giornalista e attivista ambientalista, è un messaggio di denuncia contro il sovrasfruttamento dei combustibili fossili, e di sensibilizzazione all’uso di ‘natural climate solutions’ per risolvere la crisi climatica.

La temperatura del pianeta sale vertiginosa e gli effetti dei cambiamenti climatici sono sempre più evidenti.
Siccità e alluvioni sempre più forti e frequenti interessano aree sempre più vaste del pianeta, Italia compresa. Non è più tempo per le parole, ma è l’ora di mettere in campo azioni concrete per mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto dei 1,5 gradi stabiliti dall’Accordo di Parigi.

E non è affatto un gioco, sebbene a dirlo sia una ragazzina pronta a spegnere fra meno di un mese appena 17 candeline sulla torta. Il rischio concreto è di raggiungere il cosiddetto punto di non ritorno, con conseguenze irreversibili per interi ecosistemi.
Sventare una crisi climatica di scala planetaria? Si può fare
Per salvare il pianeta occorrerà ridurre, entro il 2030, del 45 per cento le emissioni globali nette di CO2 di origine antropogenica. Ed azzerarle entro il 2050, con una quota di energie rinnovabili che dovrà necessariamente raggiungere il 70-85 per cento della domanda totale di energia.

La salvezza nostra e del nostro pianeta non può che passare da una drastica riduzione nell’uso dei combustibili fossili come fonte energetica. Dall’energia, ai trasporti, passando per l’agricoltura e l’industria, tutti i settori sono finiti nel mirino di chi chiede che i paesi mettano a punto serie ed immediate politiche di decarbonizzazione.
Servirà una vera rivoluzione nel modo di concepire e fare business per sventare un aumento stimato della temperatura di oltre 3 gradi. Uno sforzo, questo, che potrebbe risultare ugualmente insufficiente, se non si procederà ad esplorare tutte le possibili soluzioni.
“Per sopravvivere, dobbiamo smettere di bruciare i combustibili fossili. Ma da solo questo non è sufficiente. Si parla di numerose soluzioni. E se guardassimo quelle che abbiamo di fronte a noi?”
Queste le parole della giovane Greta, che riprendono una recente lettera scritta da un gruppo di 23 esperti – tra cui scienziati, letterati, attivisti, artisti e la stessa Greta Thunberg – per sottolineare l’urgenza di agire per il clima con soluzioni che finora sono state sottovalutate o addirittura ignorate.
La soluzione naturale ai cambiamenti climatici
Una di queste soluzioni potrebbe venire proprio da ciò che la nostra società per decenni ha così tanto sfruttato e bistrattato: la natura.
Il mondo naturale, infatti, con la sua capacità di sequestrare la CO2 presente in atmosfera intrappolandola nel terreno, rappresenta il perfetto alleato in questa lotta contro il tempo.
“C’è un macchinario magico che toglie l’anidride carbonica dall’aria, costa poco e si costruisce da solo. Si chiama albero. E l’albero è un esempio di soluzione naturale per il clima.”
La nostra salvezza, dunque, dipenderà dalla nostra capacità di ripristinare gli ecosistemi dove oggi non c’è più nulla. Proteggendo quelli esistenti, naturalmente, dagli unici veri colpevoli di tutto questo: noi uomini.
Battaglia climatica e ambientale, dopotutto, non sono altro che facce diverse della stessa medaglia.
“Proteggere, ripristinare, finanziare. Dove la natura svolge un ruolo vitale, dobbiamo proteggerla. La natura si rigenera, e noi possiamo aiutare gli ecosistemi a riprendersi.”
Si tratterebbe, dunque, di riforestare quelle aree strappate ogni giorno alla natura per far spazio ad agricoltura intensiva, allevamento di bestiame ed urbanizzazione selvaggia.
Una vera emorragia naturale, basti pensare che ogni minuto che passa perdiamo un’area di foresta tropicale pari a 30 campi da calcio. Ma anche restituire agli ecosistemi marini intere aree di mare oggi destinate ad allevamenti intensivi di pesce, o compromesse da pratiche di pesca selvaggia.
“Mangrovie, torbiere, giungle, paludi, fondali marini, foreste di alghe, foci di fiumi, barriere coralline, catturano il carbonio sottraendolo all’aria. La natura è lo strumento ideale per riparare il nostro clima rotto.”
Quale alleato migliore se non le zone umide, capaci di assorbire anidride carbonica fino a 50 volte in più rispetto alle foreste tropicali? Parliamo di vere armi per la cattura e lo stoccaggio della CO2 che dal 1900 ad oggi hanno purtroppo subito un drammatico ridimensionamento, lasciandoci appena il 6 per cento della superficie totale del pianeta coperta da zone umide.
Ripristinare queste aree potrebbe dare una grossa mano nell’assorbimento dell’anidride carbonica e nel contrasto agli effetti dei cambiamenti climatici.
Il ruolo che ognuno di noi ha
“La protezione e il ripristino degli ecosistemi può aiutare a ridurre il rischio di una sesta estinzione, contribuendo intanto alla resilienza delle popolazioni locali contro i disastri climatici. Dobbiamo smettere di finanziare ciò che distrugge la natura e pagare che ciò che invece la aiutano.”
Ed è qui che casca l’asino. Greta nel video denuncia come oggi nel mondo si spenda 1000 volte di più in sussidi ai combustibili fossili che per il ripristino degli ecosistemi.
Noi comuni cittadini, continua Greta, attraverso il nostro voto e le nostre scelte di consumo, abbiamo l’enorme potere di reindirizzare questi fondi verso attività sostenibili che creino valore per l’ambiente e le persone, secondo modalità e a un ritmo che non ne comportino una riduzione a lungo termine e che preservino le capacità di soddisfare le esigenze tanto delle generazioni presenti e quanto di quelle future.
Il cambiamento è già qui, sta a noi scegliere da che parte stare.
