Cosa sono le social streets, letteralmente le strade sociali, fenomeno recente ma che si sta diffondendo con una velocità sorprendente, in Italia e non solo
Cos’hanno in comune le strade delle nostre città con Facebook? Apparentemente nulla, ma forse molto, anzi moltissimo. Ad unirli ci pensano le Social Streets, letteralmente le strade sociali, fenomeno recente ma che si sta diffondendo con una velocità sorprendente, in Italia e non solo.
L’idea è di Federico Bastiani, freelance, 36 anni, residente in via Fondazza, strada del centro storico di Bologna che nel settembre del 2013, presa consapevolezza di non conoscere i suoi vicini se non per qualche saluto di circostanza, decide di costituire un gruppo chiuso su Facebook e lo chiama “Residenti di via Fondazza”. Lo scopo è quello di andare oltre il buongiorno e creare una rete sociale nel senso più pieno del termine. Il tentativo ha successo, in breve si ritrova con quasi 900 iscritti al gruppo ma soprattutto con una nuova rete di rapporti e conoscenze che producono avvenimenti e iniziative di sostegno ed aiuto. Dal cinema per mamme con bimbi, allo scambio di cibo e oggetti per l’infanzia, dalle feste in piazza all’aiuto ai più anziani. Obiettivo dichiarato e al momento raggiunto, del gruppo di via Fondazza è appunto quello di “…socializzare con i vicini della propria strada di residenza al fine di instaurare un legame, condividere necessità… e trarre quindi tutti i benefici derivanti da una maggiore interazione sociale” così come riportato sul sito di riferimento delle Social Streets.
Il sito è in effetti un ottimo riferimento sia se v’interessa sapere se è già attivo un gruppo vicino casa vostra, sia se avete bisogno di spostarvi e cercate un punto di appoggio, sia se volete seguirne l’esempio e iniziare l’avventura di un gruppo di ” Residenti in via…” tutto nuovo. Al momento sono 201 le Social Streets italiane più alcune esperienze estere, Portogallo in primis con 12 strade ma ne troviamo anche una in Croazia e una in Nuova Zelanda.
Il vicinato si riprende così la sua rivincita e la tecnologia ne diviene lo strumento. Perché il fine, l’obiettivo ultimo, non è il semplice keep in touch seduti alla scrivania del computer ma scendere in piazza, questa volta reale, per condividere bisogni, trovare risposte e aiuti, per tornare ad usare le strade, viverle e curarle e non attraversarle solamente. In altre parole, ritrovare un micro più proprio all’interno di una macro, la città, a volte impersonale e alienante.

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