Il fatto
Due anni dopo il suo inizio, per mano dello scimpanzé Koba, la guerra fra umani e scimmie è arrivata ad un punto critico. Cesare e la sua comunità sono minacciate dal colonnello McCollugh, che intraprende nei suoi confronti una caccia senza quartiere. Per poter dare alla comunità pace, Cesare decide di affrontare il colonnello da solo. Solo così sarà possibile porre fine alla guerra…
Il commento
Il cinema di genere, meglio di qualsiasi altro, permette di trasmettere dei messaggi sociali e politici che sarebbe difficile comunicare altrimenti. Un genere è, per esempio, la fantascienza. In tal senso essa ha avuto il suo boom fra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70. In particolare, possiamo parlare di una fantascienza “sociologica” che trasmetteva il suo messaggio attraverso la visione di un futuro apocalittico. Questo argomento lo avevo già trattato in passato su questo blog.
Ma quello che non avevo detto è che, la maggior parte delle suggestioni trasmesse da quei film, è un riadattamento di paure e situazioni più vecchie. A trasmetterle per primi sono stati i romanzieri. Costoro hanno attinto dall’attualità di quegli anni per arricchire il genere della distopia. Uno di questi autori è stato il francese Pierre Boulle. Egli scrisse nel 1963 il romanzo Il pianeta delle scimmie, dopo che ha cominciato a contemplare il rapporto uomo-scimmia in seguito a una visita allo zoo. La gabbia è tale da qualunque parte la si guardi.
Con esso scrisse un’opera che si beffa del raziocinio umano, nella quale la nostra razza regredisce ad uno stato di paura animalesco. Una paura che emerge e si alimenta quando si concretizza la minaccia di perdere la posizione di specie dominante. Un terrore che gli uomini stessi hanno contribuito a creare. Ma, quando si manifesta, per pigrizia intellettuale non lo si combatte. E quindi l’umanità merita di essere soppiantata. Un romanzo satirico-distopico nelle intenzioni è anche una grande opera ecologista. Naturalmente la settima arte si è impossessata di una storia così potente e l’ha trasposta nel notevole Il pianeta delle scimmie di Franklyn J. Schnaffer del 1968. Naturalmente i successivi seguiti e il remake del 2001 hanno disperso e annacquato il messaggio originario.
Nonostante questo quei lavori derivativi facevano emergere anche altro. Il rapporto fra Bene e Male presente in tutta l’opera dello scrittore francese. L’incapacità di distinguerli in modo assoluto dà spessore ai personaggi, sia sulla carta che al cinema. In modo mai banale. Queste due nature (l’ecologismo e questa complementarietà) sono divenute il terreno fertile sulla quale far ripartire nuovamente la saga.
Si era partiti, nel 2011, con un esperimento, un’utopia. Ricominciare tutto da capo, con gli albori dei primati senzienti. Dalle origini del loro leader, Cesare. Figlio di una scimpanzé catturata in Africa e spedita a San Francisco come cavia per sperimentare un medicinale contro l’Alzheimer. Il farmaco funziona e quel poco di intelligenza che separa i primati da noi viene rapidamente colmato. E con Cesare diventa ereditaria. Rise of the Planet of the Apes racconta la formazione di un leader. La comprensione che l’Uomo, nonostante tutto, resta bugiardo e pericoloso. Soprattutto di fronte a quello che non capisce, e di conseguenza teme. Cesare si mette a capo di una piccola rivolta, una rivolta allo scopo di stabilire un livello di parità tra loro e gli uomini. Cesare è cosciente e senziente. Si disseminano ovunque le tracce di una guerra senza scampo.
Con il film successivo, Apes Revolution si raggiunge un nuovo livello. Le scimmie sono una comunità che ha trovato una propria stabilità, mentre gli umani sono asserragliati in fortezze circondate dalla vegetazione, dove prima c’erano città e vita. Costoro sono decimati da un misterioso virus contratto dal medicinale che in passato avevano testato sulle scimmie. Sono passati dieci anni, ma la situazione resta la stessa, se non peggiore. Infatti ci sono scimmie, capeggiate da Koba, che non sopportano l’intrusione degli umani nel loro mondo. Mentre Cesare è per la pacifica convivenza, nonostante tutto. Koba scatenerà una guerra personale. Come a dimostrare che una convivenza è pressoché impossibile. Una guerra votata allo sterminio di una delle due razze.
Passano gli anni, e si arriva alle vicende del recente The War. La guerra è ancora in corso, Cesare e i suoi vivono completamente nascosti. Qui il loro leader è divenuto leggenda per gli uomini. L’archetipo del Nemico. Se nel film precedente si confrontavano due coppie di personaggi, umani e scimmie (due a favore della convivenza contrapposti a due fautori della guerra totale), ora il confronto è diretto fra due personaggi: Cesare e il colonnello McCollough. Entrambi sono coscienti che, per raggiungere la vittoria, è necessario l’annientamento fisico dell’altro. L’esito sarà la chiusura di un cerchio è l’apertura di un altro, nuovo. Un futuro che vive negli occhi della piccola umana Nova, un nome che è una promessa.
La saga de Il pianeta delle scimmie è sempre stata una saga distopica, nella quale la scimmia senziente è, per Boulle, quanto di più tenebroso e inquietante ci possa essere per l’uomo civile. Un’utopia al contrario. Futuristica e distruttiva allo stesso tempo. Naturalmente non si prende le parti di nessuno. Tuttavia quanto succede e succederà non è stato improvviso, ma è qualcosa che è esploso dopo essersi sviluppato a dovere, di nascosto. Tutto è nato dall’uomo, dal proprio timore di perdere l’intelligenza, curare la perdita della memoria. Da quella più tecnica, fino a quella più basilare, come il portarsi il cibo alla bocca.
L’umanità ha sempre avuto questo come punto debole, se lo si vuole chiamare così. Cercare di ottenere il di più, sotto qualsiasi bandiera (scienza o denaro). Il non volersi sottomettere allo scorrere delle cose ci porta alla distruzione, sia nella finzione che nella realtà. Si potrebbe dire che la Natura, si è ripresa in parte quanto è stato tolto, ma non è esattamente così. Cesare, lui stesso, ammette che più le scimmie cercano di differenziarsi dagli umani, più si comportano come loro. Come una crudele conseguenza dell’intelligenza. Come un nuovo ciclo evolutivo senza soluzione di continuità.
Scheda film
- Titolo originale: The War for the Planet of the Apes;
- Regia: Matt Reeves;
- Soggetto e sceneggiatura: Mark Bomback, Matt Reeves, ispirato liberamente all’universo del romanzo “Il pianeta delle scimmie” di Pierre Boulle;
- Interpreti: Andy Serkins (Cesare), Woody Harrelson (Col. McCollough), Steve Zahn (Scimmia Cattiva), Amiah Miller (Nova), Judy Greer (Cornelia), Karin Konoval (Maurice), Terry Notary (Rocket);
- Origini: USA, 2017
- Durata: 144′
- Temi: CINEMA, ANIMALI, RAPPORTO DELL’UOMO CON LA NATURA