Cinema, musica e scultura. Ecco come il mondo dell’arte ha raccontato il drammatico caso Eternit e la sua sentenza shock in tribunale.
“Io di questo disastro non ne sapevo niente, adesso ci sono talmente dentro che ho paura di non uscirne più. Ho paura che non ci sia più posto per altro, per qualcosa di bello, per cui valga la pena vivere”. A pronunciare queste parole è Luca, il protagonista del film “Un posto sicuro” interpretato da Marco D’Amore nel 2015.
Diretto da Francesco Ghiaccio, il film porta al cinema una delle pagine più dolorose della nostra Italia, di cui ancora oggi accusiamo gli effetti. Si tratta del veleno invisibile dell’Eternit, delle polveri d’amianto che continuano a mietere morti e a contaminare intere aree del nostro Paese.
I protagonisti di “Un posto sicuro” sul set di Casale Monferrato
Casale Monferrato, Bagnoli e le altre zone in cui l’amianto è stato prodotto o utilizzato ad oggi contano centinaia di morti e di ammalati di cancro, soprattutto tra gli operai degli stabilimenti, a causa delle polveri killer in grado di colpire anche a distanza di trent’anni dal contatto.
Luca, come tanti altri, convive con lo spettro di questa enorme tragedia. Il film segue la sua storia alla vigilia della sentenza contro la fabbrica Eternit, nel 2011. Si tratta del più grande processo penale per disastro ambientale in Europa, raccontato sul grande schermo anche da “Polvere – Il grande processo dell’amianto” di Niccolò Bruna e Andrea Prandstraller.
Questi straordinari lavori ci ricordano uno tra i più importanti compiti degli artisti, ossia quello di mettere il proprio talento al servizio di tutti. L’arte in ogni sua forma non è solo bellezza e contemplazione, ma anche riflessione e provocazione. Il suo potere è quello di smuovere le coscienze, scatenare reazioni, far aprire gli occhi su ciò che accade intorno a noi. Non tecnica fine a se stessa, ma efficace mezzo di espressione, critica e denuncia sociale.
In questo senso, il caso Eternit è stato ripreso più volte per sottolineare non soltanto la tangibilità del gravissimo danno ambientale, ma anche per rendere i cittadini consapevoli e per ribadire la necessità di un intervento più attivo ed efficace da parte delle istituzioni.
Tra i singoli di maggiore successo di Fedez c’è “L’amore Eternit”, incisa nel 2015 insieme a Noemi. Il brano è un amaro parallelismo tra l’amore e l’Eternit. Non solo “sentimenti tossici” per cui non c’è cura, ma anche un’aspra critica allo Stato assente che, come l’amore, “prima ti fotte e poi ti abbandona”.
Il riferimento non può che riguardare l’assurda sentenza con cui nel 2014 la Corte Suprema di Cassazione ha dichiarato prescritto il reato di disastro ambientale, annullando le condanne per i responsabili e i risarcimenti in favore delle parti civili.
La necessità di ottenere giustizia, l’obbligo di avere rispetto per tutti coloro che sono morti e per chi sta ancora combattendo, è il forte messaggio che lo street artist riminese Eron ha voluto dare con la sua opera “Eternit … Vita Eterna”, realizzata nel 2007 in collaborazione con Federica Gif.
La scultura ritrae lo scheletro di uno dei simboli più amati e iconici della nostra cultura, a cui intere generazioni sono affezionate. È il cagnolino Snoopy, adagiato sul tetto della sua cuccia, ricoperta di amianto. Un’immagine di fortissimo impatto che ci mostra come le polveri maledette dell’Eternit abbiano distrutto tutto: i nostri affetti, i nostri legami, i punti fermi che riteniamo imbattibili.
La morte e la sofferenza non vanno in prescrizione. Lì dove chi di dovere fallisce clamorosamente, ben vengano gli artisti pronti ad esporsi e a mettere a disposizione il proprio talento per dar voce alle ingiustizie.