“La Terra ci ha dato il pane, è stata nutrita dal Sole. Caro Sole, cara Terra, vi siamo riconoscenti, sia benedetto questo cibo”. Questa è la formula che precede ogni pasto alla fattoria Thorshøjgaand, l’unica in Danimarca che ai precetti dell’agricoltura biodinamica unisce l’intento di fungere da centro di tutela di una particolare razza autoctona di mucca da latte, in pericolo di estinzione: l’originale Danish Red.
Un mondo fuori dal mondo, di cui gli esseri umani sono garanti e custodi a qualunque costo. Ce lo mostra “Good things await”, pluripremiato documentario della regista danese Phie Ambo, vincitore tra gli altri del Grand Prix al FIFE 2015, festival membro della rete Green Film Network. Il lungometraggio porta sullo schermo la storia di Niels Stocholm e di sua moglie che, soli con un piccolo gruppo di collaboratori contro una burocrazia intransigente, si battono per portare avanti il modello di agricoltura, allevamento e vita in cui credono.
Il benessere degli animali viene prima di tutto, persino prima delle leggi che attribuiscono al settore certificazioni e sovvenzioni. “Niels è probabilmente l’agricoltore biodinamico più “purista” di tutta la Scandinavia, eppure non può chiamare ufficialmente le sue verdure biologiche o biodinamiche” ci rivela la regista, che ha gentilmente accettato di rispondere alle nostre curiosità. “Questo non ha senso e dopo il film ha ricevuto delle scuse da parte delle autorità. Ma è molto importante supportare gli agricoltori locali che si conoscono perché, se anche non hanno le etichette ufficiali dell’Unione Europea, possono tenere comportamenti più rispettosi nei confronti degli animali o essere più puliti di chi ne è in possesso”.
Non c’è spazio per sistemi di produzione aggressivi a Thorshøjgaand, né per una tecnologia esasperata. Eppure, i protagonisti non si sentono arretrati o anacronisticamente attaccati al passato, convinti come sono che l’agricoltura biodinamica sia una pratica del futuro di cui essi sono i pionieri. D’altra parte, l’evolversi della storia sembra dar loro ragione, vista la crescente attenzione dimostrata nei confronti del loro lavoro da parte di acclamati ristoranti e da nuovi progetti gastronomici in via di sviluppo a Copenhagen.
Alla narrazione delle vicende, il film alterna riprese in cui i processi naturali, fatti di colori, ronzii, movimenti e brulichii, sono gli assoluti protagonisti della scena. Una scelta precisa, che Phie rivendica con fermezza: “Volevo realizzare un film che parlasse ai sensi e magari riportasse alla mente ricordi d’infanzia in mezzo alla natura, e la sensazione di essere connessi con tutto quel che ci circondava. Ecco perché per me era così importante che lasciasse il tempo di guardare da vicino le splendide trasformazioni che si susseguono in natura. Credo che la sua bellezza possa essere la chiave per un cambiamento positivo”.
Perché di questo si tratta: dalla natura si può imparare molto, forse tutto. In quest’ottica la fattoria apre le sue porte per lezioni e laboratori didattici, che mostrino nei fatti ai visitatori più o meno giovani come per l’agricoltura biodinamica la creazione della vita e la tutela della biodiversità siano principi fondamentali e come, toccando con mano la terra e i suoi prodotti, si possa diventare consumatori più responsabili.
“Spero che il mio film possa ispirare le persone a fare le proprie scelte con una prospettiva informata” conclude la regista. “Penso che siamo giunti a un punto della storia in cui possiamo trasformare una buia era industriale in un futuro più luminoso e sostenibile. Ma dobbiamo stabilire una relazione profonda con la natura e credo che solo osservare tutte le farfalle, le formiche e le piante suonare insieme una splendida sinfonia possa darci una più profonda comprensione del perché. Il cambiamento deve avvenire ora, ma deve avere origine in una prospettiva personale motivata dall’amore per l’intero sistema di cui, come esseri umani, siamo parte integrante”.