Moda ecosostenibile, il 24 aprile 2013 morivano 1129 persone addette alla creazione dei nostri abiti. Rivoluzionare la moda è possibile?
Fare incontrare cibo e moda non è facile: per dictat storici e culturali le modelle devono rispettare dei canoni fisici rigidi e scrupolosi, che lasciano poco spazio al piacere culinario e gastronomico sponsorizzato da SlowFood.
A coniugare questi due universi differenti ci ha pensato Auteurs du Monde, casa di moda scelta da AltroMercato per i suoi negozi, che il 27 marzo 2015 ha presentato la sua collezione primavera/estate da Eataly, la grande realtà partita da Torino che vede in SlowFood il proprio consulente strategico e il proprio partner principale, dimostrando come, in tema di ambiente, sostenibilità e buone pratiche, le barriere culturali possano essere scavalcate per raggiungere obiettivi più concreti e importanti.
“Il sud del mondo siamo noi” afferma la direttrice creativa del brand Marina Spadafora, che dopo aver salutato gli sponsor – in particolare LiquidFlora, che ha realizzato il Make Up delle modelle con i suoi trucchi, vegani e biologici -, è passata ad illustrare il brand e la sua filosofia, così come le storie che ne fanno parte.
Auteurs du Monde, oltre a distinguersi per le politiche in campo equosolidale, pone altresì grande attenzione anche alle tecniche utilizzate, tra cui il BlockPrint, un metodo totalmente artigianale che permette la colorazione naturale dei tessuti e facendo sì che i capi di moda ecosostenibile diventino “storie da indossare, ogni abito è una lettera da recapitare a chi l’acquista. La collezione è creata da centinaia di abilissimi artigiani, molto spesso donne, che abitano nei villaggi asiatici, in America Latina ed Africa”, come racconta la stilista Marina Spadafora.
Attraverso l’attenzione verso i produttori, il territorio e l’ambiente si concretizza quindi l’incontro con Eataly, nella speranza che nuove forme di creatività ed innovazione sociale mettano in luce le vere opportunità del mondo globalizzato, che troppo spesso diventa portatore di ulteriore disagio o esagerato consumismo. Il pubblico risponde? Sembra di sì.
Attirati dalla qualità del marchio e dall’attualità della collezione proposta, oltre 200 persone hanno preso parte alla sfilata di presentazione, destando lo stupore delle stesse organizzatrici. Un grande successo che con il Fashion Revolution Day appena passato fa ben sperare per una rinnovata attenzione verso il mondo che ruota intorno al nostro vestiario.
“Ogni volta che acquistiamo qualcosa, decidiamo il mondo che vogliamo”, ricorda l’autrice della collezione, mettendo l’accento sulla nostra primaria responsabilità nei confronti di quei 1129 morti a Rana Plaza (Bangladesh), che da quel tragico 24 aprile 2013 hanno acceso i riflettori sullo schiavismo rivolto al profitto del mondo tessile.
Pochi giorni fa, il marchio Benetton ha deciso di risarcire con 1.1 milioni di dollari le famiglie di vittime e feriti di quella strage. Iniziativa lodevole, che avviene all’indomani di proteste e sollecitazioni da gran parte del mondo istituzionale e mediatico.
La speranza, tuttavia, è che non si debbano più sentire notizie del genere, e che la globalizzazione divenga realmente un intreccio di opportunità, equità ed incontro culturale nel rispetto dell’ambiente, invece di essere un ulteriore elemento inquinante e sfruttatore, costretto poi a riparare i danni con milioni di dollari.
“Fashion Revolution Day vuole essere il primo passo per la presa di coscienza di ciò che significa acquistare un capo d’abbigliamento, verso un futuro più etico e sostenibile per l’industria della moda, nel rispetto delle persone e dell’ambiente” – conclude Marina Spadafora – “Ognuno di noi ha il potere di cambiare le cose per il meglio e ogni momento è buono per iniziare a farlo”.