Nel suo cammino verso il progresso, l’uomo ha commesso l’errore di non sapersi fermare prima che il prezzo da pagare fosse troppo alto. Inevitabile dover correre ai ripari e assumersi le proprie responsabilità, affinché le conseguenze non gravino sulle generazioni future.
In questo senso il tentativo di “Into Eternity: A Film for the Future”, film in concorso al Festival Cinemambiente di Torino nell’edizione 2012, è quello di provare a sancire un patto di fiducia e di collaborazione tra la nostra civiltà e i posteri, al fine di preservare il più a lungo possibile il pianeta e chi lo abiterà. Il lavoro di Michael Madsen si colloca così a metà strada tra un documentario e un filmato di orientamento per i terrestri dei millenni a venire.
Un’opera di grande impatto ed originalità che ha raccolto riconoscimenti in tutto il mondo, a partire dai festival membri della rete Green Film Network: Grand Prix al FIFE di Parigi, successi in Kosovo al Dokufest di Prizren, in Messico a CinemaPlaneta, in Portogallo al CineEco e al Festival FilmAmbiente di Rio de Janeiro, dove ha vinto come Miglior Film Internazionale.
Creando un’atmosfera in bilico tra la fantascienza e la più apocalittica realtà, il regista indaga a fondo su un ambizioso progetto finalizzato alla costruzione di Onkalo, il primo deposito permanente di scorie nucleari al mondo. La struttura è composta da una galleria sotterranea profonda circa 500 metri e che si stima possa resistere almeno per 100.000 anni. Olkiluoto, in Finlandia, è il sito destinato ad ospitarla, alla luce di un substrato roccioso rimasto immutato per circa 1,8 miliardi di anni, quindi presumibilmente stabile nel corso dei millenni futuri.
La produzione di energia nucleare ha comportato nel tempo l’accumulo di circa 250.000 tonnellate di scorie radioattive, dall’azione tanto impercettibile quanto devastante. Finora si è proceduto al loro isolamento in vasche d’acqua, uno stoccaggio temporaneo che costituisce soltanto un palliativo per il breve termine. Tenere le scorie in superficie significa esporle all’instabilità di un mondo che, come la storia insegna, è soggetto a calamità, guerre ed incidenti che potrebbero riversarle nell’atmosfera. Inoltre lo stoccaggio avviene secondo modalità che necessitano di un costante monitoraggio da parte dell’uomo.
Si arriva così alla ricerca di una soluzione definitiva e al concepimento di Onkalo, un progetto pionieristico e visionario che coinvolge numerosi esperti e studiosi, le cui testimonianze sono state raccolte da Michael Madsen per portarne alla luce vantaggi e controversie. I lavori saranno portati a termine nel 2100, dopodiché la galleria verrà sigillata e nascosta per l’eternità, senza necessità di sorveglianza. Secondo il regista “Il progetto di Onkalo di creare il più grande impianto al mondo di rifiuti nucleari, in grado di durare almeno 100.000 anni, trasgredisce sia nella struttura che su un piano filosofico tutti i precedenti sforzi umani. Rappresenta qualcosa di nuovo. E così come ho il sospetto che sia emblematico del nostro tempo, è anche in qualche modo fuori dal tempo, un punto di vista unico per qualsiasi documentario”.
Onkalo è progettata per difendere l’umanità dal prodotto del suo abuso, ma anche dall’uomo del futuro. La profanazione di Onkalo sortirebbe effetti distruttivi, risulta perciò fondamentale considerare qualunque ipotesi affinché nei prossimi millenni sia impedito al genere umano di violarne l’accesso. Impossibile però prevedere il tipo di civiltà che abiterà la Terra tra migliaia di anni, così come i mezzi di comunicazione e di lavoro di cui disporrà.
Qual è allora l’opzione migliore? Marcare Onkalo con immediati messaggi di allarme che ne scoraggino l’accesso o insabbiare tutto e consegnare all’oblio il segreto che custodisce? L’idea è quella di un archivio di informazioni legate ad Onkalo da tenere in costante aggiornamento. Tramandare di generazione in generazione le motivazioni che hanno portato alla sua creazione, ma anche perpetuare il monito di “ricordare di dimenticare” la sua esistenza.
In questo senso risultano efficaci le incursioni del regista, atte a creare attorno ad Onkalo una leggenda quasi mitologica, anche grazie all’utilizzo accorto di immagini suggestive e di silenzi meditati che inducono alla riflessione. Madsen si rivolge allo spettatore di un futuro indefinito per consegnargli una sorta di testamento morale che, pur sotto forma di un’offerta d’aiuto, suona quasi come la confessione di una civiltà colpevole ed egoista, irrispettosa verso un dono comune e vulnerabile quale è il nostro pianeta.